Background. Il morbo di Legg-Calvé-Perthes (LCPD, Legg-Calvé-Perthes disease) rappresenta una delle più comuni patologie pediatriche. Colpisce bambini tra i 2 e i 12 anni di età ed è caratterizzato da una necrosi avascolare, asettica, non-infiammatoria, autolimitante ed idiopatica dell’epifisi prossimale del femore.
A distanza di più di un secolo dalla sua prima descrizione, ancora non si conosce l’esatta causa di tale patologia.
Il trattamento del LCPD può essere preventivo, correttivo o di salvataggio dell’anca, a seconda della precocità diagnostica di tale patologia e della sua evoluzione spontanea. Il suo scopo è la prevenzione della degenerazione artrosica secondaria dell’anca nella vita adulta, evitando che la testa femorale si deformi, nei casi diagnosticati precocemente; minimizzando gli effetti dell’iniziale deformità, nei casi in cui essa si sia già verificata; e salvando l’anca in quelli con deformità stabile dell’epifisi.
Obiettivi. Lo scopo di questo studio è la valutazione dell’efficacia dell’osteotomia varizzante nel morbo di Perthes, in relazione al grado di Herring, e la valutazione dei risultati a medio e lungo termine secondo l’Harris Hip Score, il test di Mose e la classificazione di Stulberg.
Metodi. Attraverso uno studio retrospettivo, sono stati valutati i pazienti trattati con osteotomia varizzante presso il reparto di Ortopedia dell’Istituto Giannina Gaslini, dal 1990 al 2005. Il follow-up è compreso tra un minimo di 9 anni ed un massimo di 24 anni.
Risultati. Al follow up attuale tutti i pazienti hanno raggiunto la maturità scheletrica (età media 28 anni, range 24-42 anni) e sono stati valutati secondo la classificazione di Stulberg, di Mose e con l’Harris Hip Score. In tutti i casi l’Harris Hip Score ha raggiunto valori superiori al 98%. Secondo la classificazione di Stulberg sono stati raggiunti risultati buoni in nel 65,6% dei casi, mediocri nel 34,4% dei casi, cattivi in nessun caso. Secondo la classificazione di Mose sono stati raggiunti risultati ottimi e buoni nel 93,8% dei casi.
Conclusioni. Nonostante l’abbondante letteratura esistente in merito, la prognosi del Morbo di Perthes rimane essenzialmente imprevedibile e la scelta del trattamento (conservativo o chirurgico) rimane strettamente legata al singolo chirurgo ortopedico.
La mancanza di dati certi è dovuta, probabilmente, alla grande eterogeneicità della popolazione in oggetto (età, trattamento, criteri di valutazione, soddisfazione personale, mancanza di dati statistici).
Nonostante la classificazione di Catterall sia stata diffusamente utilizzata per decidere il trattamento da attuare, molti studi ne hanno evidenziato i limiti prognostici.
La valutazione di Catterall è di difficile attuazione e richiede, per poter essere correttamente applicata, una grande esperienza da parte del chirurgo ortopedico.
La classificazione di Herring, invece, che richiede una sola proiezione radiografica antero-posteriore, sembrerebbe essere di più semplice utilizzo, e, insieme al singolo fattore determinato dall’età, sembrerebbe avere una migliore corrispondenza prognostica con la valutazione di Stulberg.
Pazienti di età superiore a 9 anni sembrerebbero trarre beneficio dal trattamento chirurgico, mentre per i bambini di età inferiore a 6 anni, che hanno solitamente una buona prognosi (tranne che i soggetti di Gruppo C), non sembrerebbero esistere differenze tra trattamento incruento e cruento.