Le fratture del terzo prossimale di femore in età evolutiva sono evenienze rare. Sono dovute generalmente a traumi ad alta energia e gravate da un alto tasso di complicanze. Il trattamento dipende dal tipo di frattura, dall’età del paziente e dalla presenza di comorbidità. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di rivalutare retrospettivamente i pazienti trattati presso l’Ospedale Infantile C. Arrigo di Alessandria per frattura del terzo prossimale di femore tra gennaio 1989 e dicembre 2013 allo scopo di confermare le indicazioni ai diversi tipi di trattamento in rapporto all’età. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti affetti da frattura patologica (14/41 casi). L’età media al momento della frattura era 9,4 anni (1-17; ds 4,5). Il trattamento chirurgico è stato effettuato in 22 casi (84,6%), di cui 14 a cielo chiuso e 8 a cielo aperto. La ripresa del carico completo è avvenuta in media a 1,6 mesi (0,5-8; ds 2,3). Tutti i mezzi di sintesi impiantati sono stati successivamente rimossi. Il follow-up medio è stato 3,7 anni (1-6; ds 1,3). Si sono verificate complicanze tardive in 10 casi (38,4%): abbiamo osservato 2 casi (8%) di necrosi della testa del femore, un caso (4%) di pseudoartrosi, 4 casi (16%) di arresto della crescita, 3 casi di coxa vara (12%). In letteratura non esiste un gold standard sul tipo di osteosintesi da scegliere per questo genere di fratture. Il nostro studio ha però evidenziato un’evoluzione del trattamento nel corso degli anni: nell’ultimo decennio nei soggetti con età superiore ai 6 anni, la scelta del mezzo di sintesi da usare si è sempre più indirizzata a favore delle placche pediatriche a stabilità angolare. Il limite principale dello studio è la casistica ridotta, comunque in linea con i gruppi di pazienti descritti in letteratura a causa della rarità della patologia.