Fu sicuramente il problema che più di ogni altro occupò la sua mente fervida e il suo spirito irrequieto. La lussazione congenita dell’anca, per Vittorio Putti, non era una semplice malformazione scheletrica a cui porre rimedio; piuttosto un universo da esplorare, per scoprire percorsi nuovi e abbattere vecchi tabù, un nemico da sfidare a viso aperto, cercando in qualche modo di prevenirne le mosse. Lottò per raggiungere lo scopo, dal primo all’ultimo giorno di lavoro all’Istituto Rizzoli; quasi non si diede pace. E alla fine il messaggio da lui trasmesso era destinato a cambiare per sempre la storia di questa infermità.