Obiettivi. Le fratture della tibia sono traumi di difficile gestione poiché, a causa delle particolarità anatomiche, come l’apporto ematico e la scarsa copertura dei tessuti molli, spesso si associano a esposizione ossea (frattura esposta) come anche a vistosi segni clinici di compromissione dei tessuti perilesionali (ematoma, edema, flittene) che possono predisporre verso l’insorgenza di complicanze precoci e tardive. Gli obiettivi del trattamento delle fratture diafisarie prevedono il ripristino della lunghezza, dell’allineamento e della rotazione. Lo scopo dello studio è quello di valutare i risultati preliminari dell’utilizzo del fissatore esterno assiale monolaterale (FEA) sia come dispositivo d’urgenza che come impianto definitivo nelle fratture diafisarie di tibia.
Metodi. Abbiamo analizzato con studio retrospettivo su 41 pazienti con fratture diafisarie di tibia trattate, dal gennaio 2008 al dicembre 2015, con FEA. Il FEA è stato applicato in tutti i casi di frattura diafisaria di gamba, chiusa o esposta. Si trattava di 33 uomini e 8 donne con età media di 40 anni. Tutti i pazienti sono stati trattati chirurgicamente da un solo operatore. Secondo la classificazione AO/OTA, abbiamo avuto 14 fratture tipo A, 26 fratture tipo B e 1 sola frattura tipo C. Delle 41 fratture esaminate, ben 11 erano fratture esposte (8 grado GI; 2 grado GII e 1 grado GIIIa in accordo con la classificazione di Gustilo-Andernson); 3 pazienti presentavano una frattura isolata di diafisi di tibia con perone integro. Il pieno carico assiale, con grano del corpo del fissatore bloccato, è stato concesso dalla seconda giornata post-operatoria; il divieto di carico è stato prescritto ai pazienti con fratture ritenute instabili. Controlli clinici e/o radiografici sono stati effettuati ai 15-45-90 gg e ai successi 4 e 5 mesi. La dinamizzazione non è mai avvenuta prima delle 6/8 settimane dalla sintesi.
Risultati. Dei 41 pazienti con fratture di gamba, chiuse ed esposte, trattate con FEA, 3 sono stati persi durante il follow-up poiché non si sono più sottoposti ai controlli periodici ambulatoriali. Dei restanti pazienti, 30 sono giunti a consolidazione; 7 sono guariti dopo re-intervento (1-ritardo di consolidazione; 3-scomposizioni secondarie; 3- reazioni dei tramiti delle viti). In un solo caso abbiamo ottenuto un fallimento.
Conclusioni. In accordo con la letteratura, il FEA rappresenta una valida alternativa nel trattamento delle fratture della diafisi tibiale. Numerosi sono i vantaggi nell’applicazione di questa tecnica, come la relativa facilità nella riduzione e della stabilizzazione della frattura, pertanto, può essere utilizzato con successo nel Damage Control Orthopaedics (DCO). Inoltre, tale dispositivo non lascia mezzi di sintesi in situ dopo l’avvenuta guarigione della frattura; durante i controlli è possibile agire sul processo di consolidazione della frattura e in seguito a eventuale scomposizione secondaria, si possono correggere la rotazione e l’asse dell’arto, senza sostituire il dispositivo. Dai risultati ottenuti, possiamo affermare che il FEA può essere proposto come approccio d’urgenza e definitivo nel trattamento delle fratture di tibia.