Introduzione. Nelle fratture di gamba sia esposte sia non esposte che richiedono un trattamento chirurgico, le opzioni di trattamento sono due, ovvero la fissazione interna (chiodo endomidollare bloccato o placca con viti) o esterna, la cui scelta è vincolata dal Damage Control Ortopedico e numerosi fattori tra cui il tipo di frattura, la sua esposizione o meno, il grado di compromissione dei tessuti molli sec. Class. Oestern e/o Gustilo e lo stato generale del paziente. Nelle fratture esposte, dal grado Gustilo II in poi, è d’obbligo l’uso del solo fissatore esterno, che può essere temporaneo, convertito quindi poi in fissazione interna (chiodo endomidollare o placca con viti), o definitivo.
Obiettivi. Efficacia della fissazione esterna definitiva nelle fratture diafisarie di tibia rispetto alla fissazione interna.
Metodi. Studio retrospettivo di 6 anni, dal 2010 al 2015, follow-up medio di 12 mesi (range 1-12); analizzate e classificate fratture diafisarie di tibia secondo età, sesso, pattern di frattura sec. AO, grado dei tessuti molli sec. Oestern e Gustilo, guarigione clinica e radiografica tramite follow-up clinico e radiologico a pre-op, G0, G30, G90 e G180. Criteri di inclusione, fratture diafisarie di tibia esposte e non esposte, trattate secondo due tipi di trattamento chirurgico: fissatore esterno definitivo e fissazione interna. Trattamento: fratture diafisarie di tibia non esposte Oestern 0-1 ed esposte Gustilo I, fissazione interna con chiodo endomidollare bloccato, carico completo concesso a G1 sull’arto operato; fratture diafisarie di tibia non esposte Oestern 2-3, fratture diafisarie esposte Gustilo II a IIIc, fissazione esterna tipo Hoffmann monolaterale, carico parziale concesso a G1 sull’arto operato, dinamizzazione a G45, terapia antibiotica a G0 con amoxicillina/ac. clavulanico + gentamicina. Outcome di valutazione: scala VAS dolore alla gamba operata, deambulazione con presenza o assenza di zoppia dal lato operato, motilità preternaturale focolaio di frattura, ripresa o non dell’attività lavorativa in atto prima del trauma, e segni radiologici di non consolidazione, quindi, pseudoartrosi atrofica o ipertrofica. Criteri di efficacia del trattamento: G180 VAS 0 o < 2, ripresa della propria attività, deambulazione senza zoppia nel lato operato, non motilità preternaturale della frattura, segni radiografici di buona consolidazione in proiezioni AP, LL e obliqua.
Risultati. Riscontrate clinicamente e radiologicamente 51 pseudoartrosi non infette di gamba (51/1268, 4%), non infette, 36 M, 15 F. Valutati al completo clinicamente e radiologicamente 36 pazienti su 51 delle pseudoartrosi (15 non presenti o materiale incompleto): 28 M e 8 F, età media tot. 39 ± 2,61 anni, età media M 40 ± 2,93, età media F 37 ± 6.05. No comorbidità significative. Delle 36 pseudoartrosi valutate al completo, 3/36 sono della meta-epifisi prossimale di tibia o 41 AO, 27 diafisi tibiale o 42 AO, 6 meta-epifisi distale tibia o 43 AO. Delle pseudoartrosi tipo 41, 1/3 è 41A1 non esposta, 2/3 41A3 non esposte; delle tipo 42, 15/27 erano 42B2 (2 non esposte, 13 esposte, 7 Gust. II, 2 Gust. IIIa, 2 Gust. IIIb, 2 Gus. IIIc), e 1/27 erano di tipo 42B3 esposte Gust. I; infine, delle tipo 43, 1/6 43A1 non esposta, 5/6 43C3 (3 non esposte, 2 esposte, 2 Gust. IIIA, 1 Gust. IIIb).
Conclusioni. La fissazione esterna definitiva nel trattamento delle fratture diafisarie di tibia rappresenta un’opzione terapeutica chirurgica sicura e affidabile, in grado di promuovere una buona guarigione e consolidamento delle fratture trattate, limitatamente ad alcuni pattern di frattura. Infatti la frattura di tipo 42B2 o “butterfly or wedge fracture” si presenta particolarmente non indicata ad un trattamento di fissazione esterna definitiva (92%, 13/14 su tot. 42B2 trattate con fissatore esterno e 42%, 16/36 delle pseudoartrosi) e consigliamo pertanto per questo tipo di pattern di frattura una fissazione esterna temporanea e una sua conversione con chiodo endomidollare bloccato, possibilmente entro 2 settimane dal trauma.