Cari colleghi,
quando Paolo Tranquilli Leali dopo alcuni incontri mi ha proposto di far parte del Comitato Editoriale del GIOT, ho accettato con piacere e con entusiasmo. Con piacere perché far parte della squadra diretta da lui è già di per sé una garanzia di serietà e con entusiasmo per i motivi che ora vado a spiegare. Il nostro Giornale è l’Organo Ufficiale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia che come tale rappresenta anche tutte le nostre superspecializzazioni. Come saprete, il mio interesse è stato fin dai miei primi passi, prima all’estero e poi in Italia, legato all’ortopedia e alla traumatologia pediatrica. Il Giornale, d’altra parte, è stato da sempre aperto a tutti i contributi inerenti la nostra specialità e alcuni colleghi e amici fanno parte da tempo del Comitato Scientifico. Dare però risalto e voce a questa branca della nostra specialità nominando nel comitato editoriale un suo rappresentante mi carica non solo di responsabilità ma anche di entusiasmo. In un mondo in cui le riviste indicizzate sono, per vari motivi che non vado ora a elencare, ovviamente più appetibili per inviare un contributo, stigmatizzare il ruolo di questa rivista e progettarne il suo possibile ruolo futuro credo sia doveroso. Aldilà della letteratura scientifica a cui tutti noi possiamo attingere con vari motori di ricerca oggi disponibili, credo che per un socio della SIOT e di conseguenza per un lettore del GIOT la presenza di contributi seri, di qualità, scritti nella nostra bella lingua possa arricchire sia i lettori sia gli autori. La rivista è un mezzo di comunicazione di una conoscenza, di un approfondimento, di una attività per la quale si sente il dovere di condividerne i risultati. Detto ciò, le mie intenzioni sarebbero quelle di creare una sorta di riferimento nazionale per le patologie che incontriamo nella nostra attività professionale, sia frequenti che meno frequenti, a cui ognuno, compatibilmente con gli spazi editoriali concessi, periodicamente può comodamente accedere. Vedrei molto bene, aldilà degli articoli scientifici di qualità in formato classico, che saranno ben accetti, il potenziamento della rubrica dedicata ai “case report”. Il “caso” dovrà essere oltre che ben presentato anche ben discusso con una revisione aggiornata della letteratura; dovrà rappresentare, insomma, l’opportunità per sviscerare l’argomento nei suoi minimi dettagli. E chissà che alcuni lettori non si sentano accomunati da casi che essi stessi hanno affrontato e mai pubblicato e che tutto ciò non porti a un lavoro scientifico multicentrico con casistiche più ampie, unica arma che abbiamo nello strapotere dei colossi sanitari di oltreoceano con le loro casistiche irraggiungibili. Vorrei che questi miei propositi possano trovare la loro realizzazione con la vostra condivisione e con i vostri contributi.