9La vena letteraria era stata custodita per anni. L’aveva alimentata fin dall’adolescenza cibandosi di tutti i libri che mamma Giuseppina – col malcelato desiderio di diventare maestra di scuola – accatastava nella sua modesta libreria. Roberto De Rosa prendeva e sfogliava. E se le pagine erano quelle di un racconto, si immergeva nella lettura, restandone pienamente coinvolto. Persino i riassunti dei romanzi, pubblicati nella Selezione dal Reader’s Digest, riuscivano ad affascinarlo.
Quando decise di prendere in mano la penna e scriverli lui i racconti – aveva già più di trent’anni e ben altri interessi professionali – tirò fuori questo bagaglio, e vi trovò la dote giusta per dare libero sfogo alla sua recondita vocazione. Da allora, un percorso inarrestabile, una produzione sempre più ricca e apprezzata; scorrendo il suo curriculum letterario, sembra che nessuno dei suoi componimenti narrativi sia sfuggito a un premio ufficiale (il “Cronin” e il “Kafka”, tra gli altri) o a una menzione d’onore.
L’etichetta di scrittore l’aveva accostata dapprima a quella di dottore in scienze politiche, e al suo impiego presso le Assicurazioni Generali. Poi aveva deciso di prendersi la laurea in medicina e chirurgia – con la tenacia di studiare lavorando – ed era così entrato a far parte di un’altra esclusiva categoria. Ortopedico-scrittore lo sarebbe diventato da lì a poco, al conseguimento della specializzazione. Una carriera ospedaliera protrattasi fino al 2019, senza che gli impegni di guardie e reperibilità avessero minimamente intaccato la forza e l’inventiva di quella sua vena letteraria.
Vita e opere a Trieste, città di confine, cosmopolita, prodiga quanto mai di stimoli culturali. Ed è dal capoluogo giuliano che partono i voli della sua fantasia, sulla rotta autobiografica di esperienze vissute o anche soltanto di stati d’animo, trasferiti su fatti e personaggi il cui riferimento si dichiara “del tutto casuale”. Per cui, può venirne fuori un romanzo storico famigliare, come “Dal vecchio mulino a Ground Zero”, che intreccia storie di emigrazione tra il Friuli, Trieste e New York (dove peraltro l’autore ha lavorato); oppure novelle del tutto inventate – ma storicamente e spiritualmente verosimili – su scenari decisamente più esotici.
Di quest’ultima impostazione sono due delle sue recenti opere (entrambe “piattaforma Amazon 2019”), per le quali De Rosa predilige il format del “racconto breve”; poche pagine, narrazione essenziale, intensità di sentimenti e di suggestioni. “Il matrimonio di Malka Halevi e Abdul Azeem” ha per sfondo la Beirut devastata dalla guerra civile degli anni Ottanta; il rapporto proibito e contrastato tra una dottoressa ebrea e un panettiere musulmano sfocia, per incanto, in un legame indissolubile, dove oltre al loro amore trionfa anche quello verso il prossimo bisognoso, nel vicino campo profughi. Con “Traverso Hinterstoisser” ci trasferiamo sulle montagne spettacolari delle Alpi svizzere. L’impresa di superare una delle pareti di ghiaccio più pericolose al mondo diventa la metafora della sfida, altrettanto difficile, per vincere i fantasmi di un amore perduto. Si resta col fiato sospeso, tra i “muri”, i “vuoti” e le “corde” alle quali ci si aggrappa per raggiungere entrambe le “vette”. Due semplici parole finali – magia dell’arte di sintesi – daranno l’ultimo colpo di scena.
Nel cantiere laborioso di Roberto De Rosa si intravedono già le impalcature di altri romanzi a largo respiro. In attesa del loro varo, si può consultare online la produzione passata e presente; o contattare l’autore (robertoderosamd@gmail.com).