La displasia congenita è una delle principali cause di coxartrosi secondaria che conduce a protesi d’anca. Dal lato femorale, le variazioni morfologiche sono importanti (colli corti, diafisi strette e antiversioni importanti) e non sempre correlate al grado di displasia (come nel caso dell’antiversione). Da un punto di vista pratico, la displasia può comportare insidie nell’accesso chirurgico (anche in funzione di pregressi interventi), nelle forme, versioni e dimensioni del canale, nell’allungamento dell’arto conseguente a protesizzazione. Pertanto, specifici impianti (steli conici e modulari) e tecniche chirurgiche apposite (osteotomie sottotrocanteriche di accorciamento) sono spesso utilizzate nelle protesi su displasia. Analizzando il Registro protesico RIPO, emerge che le protesi su displasia non raggiungono risultati significativamente inferiori a lungo termine rispetto all’artrosi primitiva (95,6% a 17 anni), per quanto l’instabilità e le lussazioni siano ancora cause importanti di revisione. Da un punto di vista di sopravvivenza dello stelo, la displasia ottiene risultati anche migliori delle protesi su coxartrosi primitiva. Quindi, ad oggi, le protesi su displasia presentano ancora difficoltà importanti, legate soprattutto all’instabilità, ma possono dare risultati validi a lungo termine con gli impianti e le tecniche a disposizione.